Grande ritorno per il Carnevale di Schignano

Si sono svolte come da tradizione, fatte dagli schignanesi, per gli schignanesi le tre sfilate tradizionali del Carnevale di Schignano: sin dalle prime ore dell’alba, però, le tradizionali figure mascherate hanno animato il piccolo paese intelvese. “Un carnevale vero, come una volta!” ripetono con commozione i più anziani “Una festa come non si ricordava da anni” si sente sussurrare qua e là, da chi ha vissuto qualche edizione. Col martedì grasso, secondo il rito romano, si chiude il periodo del folklore carnevalesco – che inizia ogni anno a mezzanotte del 5 gennaio, la notte della Vegéta – e ieri (1 marzo) si è svolto l’ultimo atto di un’edizione di Carnevale fatta in paese, senza l’enorme clamore degli ultimi anni: nessuno lo ha organizzato, ma il carnevale la gente di Schignano lo ha fatto lo stesso, interpretato proprio dagli schignanesi per gli schignanesi: in piazza e per le strade, solo grazie al passaparola degli abitanti, nei tre giorni di festa, c’erano centinaia di maschere tipiche, complici le calde giornate di sole, tutto si è svolto con entusiasmo e se possibile ancor più energia rispetto al passato. Poco pubblico, per evitare assembramenti: meglio così, visto il periodo ancora incerto, ma dopo due anni di cancellazioni, gli schignanesi non vedevano l’ora di poter festeggiare ancora con campane e maschere la loro storia, la loro tradizione.

In paese non esiste un vero e proprio “calendario del carnevale” ma “si sa” che la domenica precedente il sabato grasso è dedicata al carnevale dei Bambini (e così è stato il 20 febbraio), e che il sabato grasso e il martedì grasso, da tradizione secolare le maschere si danno appuntamento per le strade e in piazza san Giovanni: un rituale che, secondo un detto popolare, è sentito tanto quanto le feste “comandate”: “Pasqua e Natal e ‘l Santo Carneval”! E così, naturalmente, senza forzature, tutto si è compiuto, grazie alla buona volontà di una popolazione – quella schignanese – fiera di aver ereditato dai propri antenati un patrimonio culturale fatto di maschere, storia e teatro di piazza. L’edizione 2022 era attesa fortemente, da giovani e meno, quasi una “necessità” una voglia di tornare alla vita ed alla spensieratezza, dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia (nel 2020 si poté festeggiare soltanto fino al sabato grasso: il giorno dopo scattò il primo lockdown). Leggi l’articolo dedicato all’edizione 2020

Questa sorta di rito collettivo, che non ha eguali, ha seguito il programma standard dei giorni di festa; pur senza associazioni ad organizzare, gli schignanesi hanno impersonato Belli, Brutti, Ciocia, Sapeur e tante figure mascherate più o meno tradizionali, che ha fatto rivivere l’antico folklore con le loro gestualità, il loro incedere, la loro voglia di divertire e di divertirsi. Visti i tempi ancora incerti, il 16 febbraio scorso, il sindaco, Ferruccio Rigola, aveva diramato una lettera aperta alla popolazione nella quale spiegava che non si faceva veto alcuno ai festeggiamenti, e che si lasciava libertà in merito, tutto da realizzare con buon senso e nel rispetto della normativa vigente. Così è stato: le tre sfilate del 2022 si sono svolte nei vicoli interni del paese, aventi come punto di partenza e di arrivo la piazza, senza recare problemi alla viabilità sulla provinciale SP15. E senza che nessuno desse il “La”, perché erano “i giorni di Carnevale”, gli schignanesi, tutti, residenti e oriundi, hanno rispolverato le preziose maschere lignee per far rivivere l’ostentata ricchezza dei panciuti, tracotanti pancioni dei mascarun (i Belli), o l’umiltà di chi non ha fatto fortuna e vive di stenti dei poveri Brut; c’erano tutti: gli imperturbabili due Sapeur, la Sigurtà, la Ciocia, col supporto della bandella della Fughéta. Tutto come da copione, ideato chissà quanti secoli fa su un canovaccio mai scritto, che di fatto, narra la storia del paese e dei suoi emigranti. Una festa tanto attesa quanto ancor più sentita, vissuta e goduta, con la spensieratezza purtroppo adombrata dalle notizie della guerra. Grazie al tam tam e al passaparola, è stato naturale, quasi necessario ritrovarsi in piazza a “ritagliarsi” uno spazio di felicità, seppur per poche ore, quasi a voler ricaricare “le pile”, riascoltando le note della Fughéta che si mescolavano con il suono stonato delle cioche dei Brut e l’argentina musicalità delle bronze dei Belli.

I coscritti, – quest’anno la classe 2003 – come da tradizione, hanno preparato il Carlisep, (o Zep)- il fantoccio simbolo della festa – che, ieri pomeriggio, sostituito con un ragazzo, ha tentato inutilmente la fuga. Gli ingredienti della festa c’erano tutti e hanno allietato nei giorni delle sfilate il paesino intelvese e il pubblico presente, fino allo scoccare della mezzanotte del martedì, ora del rogo del Zep, quando nel falò, col fantoccio, si sono bruciate le brutture dell’inverno, – secondo la tradizione celtica – ma purtroppo non si sono potute cancellare i mostri che incombono sul presente: l’ultima scia di una terribile pandemia e i venti di guerra: ora, la Quaresima impone il silenzio, lo stesso che ha accompagnato l’ultimo atto al termine del rogo del Zep. Mentre la festa finisce, da oggi, come un tempo, si torna a fare i conti con la dura realtà.

Da anni studiosi ed antropologi si chiedono quali siano le peculiarità che rendono ancora vivo ed attuale il folklore del carnevale di Schignano, unico nel suo genere per maschere e tradizione: ieri nei vicoli e nelle piazze del paesino intelvese, c’era, chiara la risposta. La risposta di un paese che, dopo due anni di restrizioni che purtroppo tutti ben conosciamo, ha deciso di tornare spontaneamente a far rivivere la tradizione ereditata dai propri avi, in cui ci sono tutti gli elementi simbolici della storia del paese, dei suoi emigranti, di chi ha fatto fortuna e dei tanti che invece, hanno vissuto di stenti. La storia sentita raccontare da nonni e bisavoli, reinterpretata sotto una maschera di legno da decine di schignanesi che, sin dalle prime ore dell’alba e fino a mezzanotte, hanno voluto ridare vita e slancio a questa meravigliosa ed originale festa-teatro. Inutile chiedersi “il perché” sopravviva alle mode ed al tempo: quella del Carnevale di Schignano è la peculiarità dei riti collettivi “sentiti” e ancora vivi nelle piccole comunità, la caratteristica che rende ancora sentito, pulsante ed attuale il Carnevale di Schignano. In questo suo “germoglio” spontaneo risiede tutta l’originalità della festa. Se un giorno dovesse diventare una forzatura o un teatro pre-confezionato, perderebbe tutta la sua verve, quella dose di innata follia che è essenziale, quella voglia di festa che si traduce in “semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito fare pazzie, come dicevano i latini) che dà vigore e lustro ad una tradizione da preservare e tutelare con cura, nella sua unicità e in tutta la sua bellezza.

Stefania Pedrazzani

Redattore - Associazioni, Cultura e Valli. Scrivi una mail a stefania.pedrazzani@lavocedelceresio.it

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