Ferdinando Valletti: da calciatore del Milan a deportato

Fra i tanti villeggianti di cui la nostra zona fra Lario e Ceresio può vantare di aver ospitato, c’è anche FERDINANDO VALLETTI, un uomo la cui storia è balzata agli onori della cronaca solo in tempi recenti, sebbene lui abbia trascorso le sue ferie in Valle Intelvi dal dopoguerra in poi per parecchi anni, e gli eventi che lo videro protagonista risalgano alla Seconda Guerra Mondiale. Ma, come narrato dalla figlia in un libro, e in un docu-film, ricordare la sua storia, “quella storia”, è sempre e comunque importante, anche oggigiorno.

Anche ora che lui c’è più. A maggior ragione, ora che lui, e quelli della sua generazione, non ci sono più.

Per non dimenticare.

Ferdinando Valletti, giocatore del Milan

Ferdinando VallettiFerdinando Valletti nacque a Verona nel 1921 e si trasferì a Milano nel 1938, avendo trovato lavoro all’Alfa Romeo. Con i libri se la cavava piuttosto bene, tanto che alla scuola interna della fabbrica raggiunse il diploma di perito industriale.

In parallelo, però, la sua passione, e le sue doti naturali, gli avevano già permesso di distinguersi nel mondo del pallone: aveva intrapreso, infatti, una “vita da mediano”, prima nelle file dell’Hellas Verona, poi in quelle del Seregno.

Fu però presto notato dal Milan, (allora “Milano”) e così fu inserito nelle fila della squadra rossonera. La carriera da mediano durò poco, per colpa di un menisco capriccioso che si ruppe.

Lo sciopero del 1 marzo 1944

Il primo marzo 1944 è una data importante nella storia della seconda guerra mondiale, e quella data cambiò profondamente anche la vita di Valletti.

Infatti, il 1° marzo 1944 i lavoratori delle fabbriche delle regioni d’Italia ancora occupate dai tedeschi e dai fascisti scesero in sciopero: per una settimana la grande industria italiana si fermò e così la produzione per la Germania. Epicentri del grande movimento di lotta furono le città di Torino e di Milano, dove gli operai vivevano ormai in condizioni di estrema precarietà, perennemente sottoposti alla minaccia della deportazione. In Piemonte, soprattutto a Torino, entrano in sciopero i lavoratori della Fiat, di tutte le aziende collegate, mentre in Lombardia quelli dell’Alfa Romeo, della Breda, della Ercole Marelli, della Falck. Alla protesta partecipano anche gli operai toscani delle Officine Galileo e della Pignone, e in Emilia Romagna quelli delle Officine Meccaniche Reggiane e della Ducati.

Fra gli operai dell’Alfa Romeo di Milano vi era anche il giovane Ferdinando, che, da buon gregario, aveva fatto volantinaggio. Quella collaborazione però gli valse l’arresto: infatti, fu prelevato a casa – ove viveva con la moglie, da poco incinta-, e portato dapprima nel carcere di San Vittore, poi al famigerato binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Destinazione: Mauthausen, campo di concentramento, con altri 22 compagni dell’Alfa Romeo.

Mauthausen 1944

Ferdinando VallettiLa vita da deportato è durissima, per alcuni più dura che per altri. Nando fu trasferito in uno dei sottocampi, a Gusen, ove conobbe il Professor Carpi, un grande pittore. L’artista è più anziano, in condizioni assai precarie, ormai allo stremo delle forze, tanto debole che rischia quotidianamente di finire sotto i vagoncini del treno che trasporta le pietre. Nando gli si affeziona, e lo aiuta, sempre pronto a strapparlo al pericolo, rischiando di essere visto e punito duramente. Fortunatamente le SS scoprirono che l’uomo è un grande artista, e lo mandarono in infermeria e poi a farlo dipingere per loro.

La salvezza per Valletti venne dal pallone, il giorno in cui le SS chiesero ai deportati chi sapesse giocare a calcio, per sostituire un difensore. Valletti si propose, e, pur sfinito, magrissimo e ai limiti delle forze, Nando a piedi nudi, sul campo di calcio di Mauthausen superò il test d’ammissione e fu inserito nelle file della squadra di calcio delle SS. Questo gli valse la vita e gli permise di aiutare i compagni: trasferito nelle cucine, riuscì a passare ai compagni meno fortunati gli avanzi della mensa, rischiando la pelle pur di poterli aiutare. All’arrivo degli americani, Nando, il giorno della liberazione, caricò l’amico Romanoni su una carrozzina da bambino e lo spinse fuori dal recinto del campo per fargli assaporare la riconquistata libertà, insieme con gli altri amici dell’Alfa Romeo.

La vita dopo il campo

Tornato a Milano, abbracciò per la prima volta la figlia Manuela, nata durante la sua prigionia, ed oggi testimone della sua storia, che afferma: “Mio padre non parlò di quell’esperienza straziante e disumana per tanti anni, ma ogni domenica mattina, insieme, andavamo a trovare quegli amici preziosi.” Solo in età più avanzata decise di dedicarsi a diffondere la memoria dell’Olocausto nelle scuole, “senza peraltro mai spendere una parola di odio nei confronti dei suoi carnefici” afferma la figlia. Per questo ha senso mantenerne vivo il ricordo, per non dimenticare, e, a maggior ragioni in luoghi tanto amati da Valletti. Numerose le estati trascorse a Montronio in Valle Intelvi, e a Lanzo sul monte Generoso, luoghi che Valletti amava molto, e dove da qualche mese risiede la figlia Manuela, che da anni si occupa a mantenere viva la memoria di Valletti e della sua storia. Presentato a Lanzo sabato 28 aprile, c’è il prezioso volume “Deportato I57633. Voglia di Non morire”, ove la storia di Valletti è intensamente descritta dalla figlia, così come lo è nel docu-film di Mauro Vittorio Quattrina. Il regista, dopo aver letto la storia del calciatore-eroe, ne ha realizzato un documentario andando alla ricerca dei fatti storici e dei luoghi ove Valletti visse: il campo di calcio a Mauthausen, le abitudini delle SS, il collegio veneto (Quattrina ha ritrovato anche le pagelle di Valletti), le immagini originali del Binario 21 e spezzoni di documentari storici. Il trailer del documentario è anche disponibile su youtube https://www.youtube.com/watch?v=ccjEQfv_8cg

Recentemente (sabato 28 aprile scorso, ndr) la Pro Loco di Lanzo d’Intelvi ha dedicato a Valletti, alla presenza della figlia Manuela Valletti, una serata con la proiezione del docufilm “Deportato I 57633 – Voglia di non morire”. Una splendida serata ricca di emozioni e commozioni, contenuti e memoria.

Il volume “Deportato I57633. Voglia di Non morire” è disponibile anche su Amazon.

La storia si può leggere anche nel libro di Davide Grassi “L’attimo vincente”, che contiene anche un’intervista a Manuela.

Stefania Pedrazzani

Redattore - Associazioni, Cultura e Valli. Scrivi una mail a stefania.pedrazzani@lavocedelceresio.it

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