Io sono Sinza. Dallo sport alla scrittura, Gabriele Caccialanza ci sorprende

Gabriele Caccialanza, classe ’88, porlezzino, noto alla nostra comunità e non solo per i suoi successi sportivi nel mondo del karate, oggi ci sorprende con una novità.

È appena uscito un libro dal titolo “Io Sono Sinza: Il Vendicatore” e l’autore è proprio Gabriele.

Partiamo allora dalla più ovvia delle domande Gabri:

Dallo sport alla scrittura. Come avviene questo passaggio? Da dove nasce questa passione per l’arte dello scrivere?

«Ricordo che, una sera d’estate di due anni fa, ero solo a casa. Mentre guardavo la tv, mi sembrava di perdere il mio tempo. Elisa (la fidanza di Gabriele, già moglie se non fosse stato per il Covi, ndr.) già lavorava al progetto Soffietto (leggi qui di Elisa e Soffietto) e non so perché, iniziai a scrivere un’idea (ancora adesso in strutturazione). Da quel momento, non ho più smesso. Ho trovato in quest’arte un hobby bellissimo, affascinante e coinvolgente. Si ha la possibilità di creare mondi e far muovere i personaggi a proprio piacimento. È stupendo. Ma se ho iniziato a scrivere e oggi ho pubblicato un libro, è sicuramente grazie a Elisa che mi ha fatto riscoprire la lettura e la scrittura».

Io sono SinzaParliamo del libro. Ti sei ispirato a qualcuno in particolare per il personaggio di Sinza? Come lo hai sviluppato, come è nata la sua storia?

«Non mi sono ispirato a nessuno in particolare. Il personaggio è nato dopo la storia. Ricordo che i primi di gennaio di quest’anno, stavo tornando da un pranzo con due miei grandissimi amici di Basilea, Danny e Silvio. Parlavamo del più e del meno quando mi hanno raccontato una storia. Fui fulminato da un’idea, così tanto che, nelle tre ore di viaggio di ritorno, ci ragionai molto. Tornato a Porlezza pensai: “Sì, la storia che ho immaginato mi piace.” Entusiasta, lo dissi a Elisa e lei fu subito d’accordo e così, iniziai a scrivere. Soltanto dopo è nato il mio protagonista, Sinza. Pensai subito che doveva avere qualcosa di particolare legato alla storia. Gli occhi rossi sono stato il mio primo pensiero. Mi è piaciuta subito l’idea e l’ho mantenuta. Dopo aver costruito le colonne portanti della mia storia, ho deciso come continuare. Lo sviluppo della storia, è avvenuto nel tempo, un’idea innescava l’altra».

Sinza è un vendicatore. La vendetta non è un sentimento che appartiene all’animo di un karateka, da dove è nata l’idea di rendere centrale questo sentimento?

«Il mondo dello sport e il mondo della scrittura sono ben separati a mio giudizio. Tutti i personaggi provano sentimenti e io ho pensato di creare nel mio un sentimento molto forte, in un mondo che ormai è in pace e dove l’omicidio non è consentito. Ma prima ho pensato alla storia, poi al protagonista, e solo dopo sono nate le emozioni e i sentimenti che lo muovono. Ma la storia si evolverà insieme al personaggio. In conclusione: è giusta la vendetta? Dove può portare un sentimento di questo genere? Penso che il lettore non rimarrà deluso».

Il libro trova spazio nel settore della Narrativa, Azione e Avventura; eppure ci sono chiari riferimenti al fantasy (gli orchi in primis). Ci sono per caso delle influenze letterarie da parte di Elisa, che ama proprio il fantasy e ha appena scritto la sua prima favola?

«È da quando sono bambino che amo il genere fantasy. Mi piace questo mondo immaginario che ci porta fuori dalla realtà, a partire dagli anime giapponesi ai grandi film e libri best seller. Però si posso dire che in parte mi ha influenzato Elisa e che è anche grazie a lei se sono riuscito a scrivere un romanzo fantasy».  

Il riferimento alla Terra del Sole e ai molti nemici e amici che incontrerà Sinza lungo il suo percorso, mi fanno pensare a un filone narrativo che non si esaurirà con questo primo libro. Può essere che tu stia pensando a una collana o a qualcosa del genere?

«Scrivere un libro è stato molto, molto impegnativo. Con il lockdown ho avuto la possibilità di dedicargli tanto tempo. Ma devo dire che non è semplice e ci vogliono centinaia di ore. Io non sono un professionista e mi ci vuole sicuramente molto tempo. Non riesco a scrivere la frase al primo colpo perfetta, ho bisogno di revisionarla molte volte prima di dire: “Sì, ok, adesso ho reso l’idea”. Per rispondere alla tua domanda, direi sì, mi piacerebbe continuare questo percorso. Ho tanti progetti e tante idee in mente. Ma tra la testa e il foglio, anzi computer, c’è un enorme passo da fare. Però Marco, posso dirti con piacere che ho già iniziato i primi capitoli del secondo libro».

Ultima domanda Gabri. Più facile scrivere un libro o prepararsi per salire sul tatami per una gara importante?

«Ho dovuto ragionarci un po’ prima di rispondere. Anche se sono due cose diverse, almeno per il momento, direi che prepararsi ad una gara, lo trovo più difficile. Nello scrivere un libro ci sono sicuramente molte difficoltà: ispirazione, idee, modo di scriverlo, parole coinvolgenti, trovare il tempo, inventare personaggi e ognuno deve avere un proprio fisico, carattere e ruolo… Ma una gara di livello mondiale, sei sotto un altro tipo di stress: fisico e mentale. Quando scrivi un libro sei seduto in casa, tranquillo, davanti al camino magari. Sei nel tuo mondo e ti diverti a inventare. Non posso dire lo stesso quando hai di fronte un altro atleta che vuole vincere quanto te, con il rischio anche di farsi male in un incontro. Questa è la prima grande differenza».

«Quando prepari una gara – prosegue Gabriele – conosci la data in cui si svolgerà l’incontro. È importante essere pronto al 100% per quel giorno; quindi, programmi un allenamento che ti porterà a essere al massimo per quella data. Quando scrivi un libro (a parte contratti con case editrici importanti, non hai una data ultima di uscita). Quindi, se non te la senti puoi sempre rimandare, mentre a una gara, non si può.
A livello di stress mentale c’è il controllo dell’alimentazione per il peso, per far rendere il tuo corpo al meglio.
Un altro forte stress è l’ansia di fare un’ottima prestazione. Sai che quando sali sul tatami, ad ogni incontro, hai solo 3 minuti per dare il massimo, e se non sei concentrato, mesi di duro allenamento saranno buttati».

Altro tema importante è il problema economico, ci spiega Gabri. «Nello scrivere un libro, generalmente non si investono molti soldi. Nel nostro sport (karate), non ci sono sponsor, oppure un guadagno importante nella vittoria. Molte volte viaggi lontano a tue spese. Chi pratica lo sport del karate e gareggia (non professionisti), lo fa perché ama il karate. A livello concreto, la vittoria di una gara regionale, italiana o mondiale, non ti da nulla in cambio a parte la medaglia o la coppa. E’ un altro il motivo che ti spinge ad affrontare tutto questo: lo spirito. E il bello che è applicabile a tutti e non per forza solo ai campioni. La soddisfazione, la voglia di vincere, di mettersi in gioco, di affrontare le proprie paure, i propri limiti. E quando sei sul gradino più alto del podio pensi: “E’ stata dura, difficile, ma ne è valsa la pena”».

In conclusione «quindi, direi che la preparazione e la partecipazione di una gara è più difficoltoso sotto diversi punti di vista. Ma, se dovessi diventare famoso e c’è un’aspettativa alta del mio libro, allora Marco, quel giorno e soltanto quel giorno, quando scoprirò difficoltà diverse in questo campo, allora forse potrei cambiare la mia risposta».

Qualcos’altro da aggiungere Gabriele?

«Vorrei ringraziarti per questa intervista Marco e poi…cari lettori, accompagnate Sinza nella sua avventura».

Per acquistare e leggere Io sono Sinza Il Vendicatore, potete cliccare qui.

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Marco Baruffato

Direttore - Associazioni, Cultura ed Eventi. Scrivi una mail a direttore@lavocedelceresio.it

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