Il Faro, ovvero una guida nell’oceano della crescita

Non è da tutti – ne so qualcosa – riuscire a fare della propria passione un mestiere. Molto spesso ai nostri interessi non possiamo che relegare il tempo libero e le energie che avanzano quando i bambini sono a letto, o l’ultimo piatto lavato.

Ma Michela Moroni non è stata di questo avviso e nel 2013 ha deciso di aprire a Piano Porlezza, frazione di Carlazzo, il suo studio di psicomotricità.”Dopo ventotto anni di lavoro nella scuola dell’infanzia come insegnante mi sono licenziata, lanciandomi in questa avventura come psicomotricista” – ci tiene a sottolineare.

Il faro, mi spiega Michela, vuole essere “un luogo di supporto e di confronto” per qualsiasi esigenza terapeutica, di riabilitazione o, semplicemente, di sostegno per i bambini e i loro genitori, figurandosi anche come punto di appoggio per le famiglie in attesa di cura. Sta pensando, mi dice, anche a una serie di serate informative per rispondere alle domande che i genitori si fanno spesso, ben consci del fatto che quelli dell’infanzia sono gli anni fondamentali dello sviluppo. (Proprio per i genitori, peraltro, è stato pensato un percorso di “dialogo tonico” che ha ottenuto un buon riscontro; tra i progetti futuri, inoltre, ci sarebbe la volontà anche per un qualcosa che coinvolga la figura del papà.)

Colori caldi e professionalità

La psicomotricità – che di suo è disciplina che tende a considerare la persona una globalità psico-corporea – declinata nei bambini è, in poche parole, una pratica educativa che, mediante il gioco, la fisicità del movimento e le relazioni personali, vuole essere uno sprone per l’apprendimento, lo sviluppo cognitivo e, più in generale, la scoperta di quello che c’è intorno.

Poiché quelli che trattano sono disturbi specifici di Apprendimento (DSA), ma anche disturbi come l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), altre sindromi evolutive e l’autismo, (per il quale è anzi atteso l’arrivo di un terapista ABA), nella cura dei bambini e delle attività che svolge per loro Michela è coadiuvata in pianta stabile da altre professioniste – in particolare due logopediste, due psicologhe e una psicoterapeuta. L’idea è quella di fornire strumenti concreti per cercare di affrontare le difficoltà e discriminarle dai disturbi che verranno poi diagnosticati presso l’Unità operativa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Uompia) di riferimento, il classico “intervenire prima di curare”, fondamentalmente. In altre parole, ancora per usare le parole di un’entusiasta Michela: “cerchiamo di mettere a disposizione interventi che siano efficaci in ambito preventivo-educativo e tempestivi in ambito riabilitativo, puntando alla valorizzazione delle risorse di ciascuno. Ancor prima di inviare il bambino dal Neuropsichiatra infantile”.

Il faro: salone principale

Il faro, peraltro, ha eseguito attività di screening gratuito in asili nidi e scuole dell’infanzia private di tutte le valli del circondario, prestandosi ovviamente al confronto con gli insegnanti – molta importanza è del resto data a eventuali disagi scolastici o comportamentali.

Nonostante tutto questo, lo studio non riceve alcun sostegno dalle istituzioni – mi spiega con una punta di rammarico la titolare – perché queste ultime privilegiano le loro stesse attività in materia.

Strutture, sogni e altre belle cose

Michela mi spiega che è da cinque anni che lo studio occupa la posizione attuale (sopra alla farmacia San Giacomo, per intenderci); ma tra i piani in futuro non troppo lontano è in previsione lo spostamento in uno studio più grande e luminoso, proprio per venire ancor più incontro alle esigenze di bambini e ragazzi – le esigenze psicomotorie, in genere, si pongono come limite i dieci-undici anni, ma l’assistenza psicologica è garantita anche in fase adolescenziale.

[A proposito della struttura, mentre chiacchieriamo siamo interrotti da una visita strutturale; è Miriam Trezzi, una delle psicologhe, che mi presenta Davide, un ragazzo che mi dice di avere la sindrome di down e qualche problema in matematica, ma tanto entusiasmo e voglia “di diventare grande e aiutare Michela e Miriam” e fare lo stage come cameriere. “Tutto a posto, il tetto è sicuro e gli estintori ci sono”, dice lui; mi stringe la mano.]

Michela, parlandomi della sua attività, l’ha definita il suo sogno – e, con il suo impegno, ha aiutato  centinaia di bambini a coltivare i propri.

Redazione

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